venerdì 25 settembre 2020

Santa Sofia, rinviata per maltempo la 61esima edizione del Premio Campigna

Santa Sofia, rinviata per maltempo la 61esima edizione del Premio Campigna

A causa delle avverse previsioni meteorologiche la 61^ edizione del Premio Campigna prevista per domenica 27 settembre a Santa Sofia è stata posticipata a domenica 11 ottobre.

La manifestazione, infatti, si sarebbe dovuta svolgere...

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Santa Sofia, causa maltempo slitta all’11 il Premio Campigna

SANTA SOFIA. A causa delle avverse previsioni meteorologiche la 61esima edizione del Premio Campigna prevista per domenica 27 settembre è stata posticipata a domenica 11 ottobre.
La manifestazione, infatti, si sarebbe dovuta svolgere all’esterno, nel Parco Fluviale, con l’inaugurazione della nuova opera “Cono tronco” di Arnaldo Pomodoro: le recenti piogge, che con grande probabilità si protrarranno anche nei prossimi giorni, rendono proibitivo lo svolgimento della manifestazione. 
L’amministrazione, pertanto, ha stabilito di posticipare l’evento a domenica 11 ottobre, con le medesime peculiarità organizzative. 



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Il gusto della tradizione alla Sagra del Tortello sulla Lastra e dei Sapori d’Autunno

Il gusto della tradizione alla Sagra del Tortello sulla Lastra e dei Sapori d’Autunno

Dopo il rinvio per maltempo, torna uno dei consueti appuntamenti autunnali: la Sagra del Tortello sulla Lastra e dei Sapori d’Autunno che porta aria di festa in Piazza Matteotti a Santa Sofia.

L'evento, inizialmente previsto per...

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Consegnata allo Ior di Forlì l’auto per l’accompagnamento dei pazienti della Val Bidente

Si rafforza la “flotta” delle automobili in dotazione dell’Istituto Oncologico Romagnolo per lo svolgimento dell’attività d’accompagnamento gratuito dei pazienti da casa ai luoghi di cura e ritorno. Grazie alla collaborazione con la Bcc ravennate, forlivese e imolese è stata aggiunta una “ammiraglia” dedicata ai malati che abitano la Valle del Bidente i quali hanno segnalato, tramite la voce della volontaria Ior Flavia Amadori, la volontà di poter disporre del servizio per recarsi in autonomia presso l’Irst di Meldola e i luoghi di cura dove vengono somministrate le terapie. La vettura andrà quindi a servire le cittadine di Civitella, Galeata, Santa Sofia, Corniolo: luoghi quantomai simbolici avendo dato i natali a Dino Amadori, fondatore dello Ior scomparso a febbraio 2020.

I 38 volontari autisti del territorio di Forlì-Cesena sono dunque pronti ad allargare un raggio d’azione già piuttosto ampio, come dimostrano i dati del servizio d’accompagnamento per l’anno 2019: sono stati infatti ben 579 i pazienti trasportati gratuitamente dal domicilio agli ospedali e ritorno, per un totale di quasi 122 mila chilometri percorsi al loro fianco in più di 4000 viaggi.

«Laddove le persone che soffrono nel territorio della Romagna manifestino un’esigenza dobbiamo essere pronti a rispondere – spiega il direttore generale Ior Fabrizio Miserocchigrazie all’amicizia e alla vicinanza di aziende sensibili alla nostra causa, come la Bcc ravennate, forlivese e imolese, siamo in grado di fornire un’attività fondamentale in un’area, quella della Valle del Bidente, a cui siamo particolarmente affezionati per ovvi motivi. Il servizio d’accompagnamento è una delle immagini più nitide di come possiamo essere vicini a chi soffre: lungi dall’essere un semplice trasporto, tra volontari e pazienti si instaura naturalmente un rapporto di profonda empatia, tanto che non è raro che i nostri autisti vengano definiti “angeli”. Non si tratta solo di dare un passaggio alle persone sole o non autonome: si tratta di condividere un pezzo di strada, sia in modo metaforico che letterale. Il volontario attende insieme al malato l’inizio delle cure, facendogli compagnia. Insomma, ritengo sia una bella risposta ad uno dei temi che ci stanno più a cuore: l’isolamento a cui il tumore vorrebbe costringere il paziente che colpisce. Grazie nuovamente alla Bcc ravennate, forlivese ed imolese, per aver mostrato la nostra stessa sensibilità nei confronti della cura a 360° del malato in Romagna; e un pensiero speciale anche alla nostra volontaria Flavia Amadori, che ci ha portato sul tavolo la questione e ha svolto il ruolo da tramite tra noi e l’azienda. Penso sia un bell’esempio di come chi collabora con noi, anche a titolo gratuito, si dimostri proattivo e attento alle esigenze del territorio in cui vive».

«La Bcc ravennate, forlivese e imolese ha a cuore il territorio e chi in esso abita – afferma Gianni Lombardi vicepresidente vicario dell’azienda – essere vicini a chi soffre deve essere una priorità ed è fondamentale: è un discorso di dignità nei confronti delle persone e delle loro famiglie, un aiuto necessario ad alleviare difficoltà materiali e personali. Sosteniamo l’Istituto Oncologico Romagnolo in diverse iniziative, acquistare una autovettura per il servizio d’accompagnamento ai malati nella zona del Bidente, per i comuni di Santa Sofia e limitrofi, era diventata un’esigenza alla quale abbiamo contribuito prontamente e con convinzione».

Articolo di Staff 4live.



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La campagna in autunno e presentazione della scultura di Arnaldo Pomodoro

Domenica 27 settembre, alle ore 18,00, all’AgriturismoLa Lenticchia“, in via Maglianella 12 a Forlì, si svolgerà un incontro dedicato ai riti e al lavoro di un tempo in campagna nel periodo autunnale, interverrà Gabriele Zelli. Nel corso dell’incontro verrà presentato il libro “De vita rustica”, biografia di Giacomo Dardi, scritto da Giada Domeniconi. Intermezzi musicali romagnoli di Claudio Molinari. Un nuovo modo per riscoprire la nostra cultura, stare assieme in sicurezza e godersi un aperitivo tutto biologico nell’aia. L’aperitivo, che sarà servito verso le 19,15, comprende: un alice di vino dell’Azienda Agricola Valmorri e un piatto unico di degustazione (costo adulti 15 euro, 10 euro bambini fino ai 10 anni). Prenotazione obbligatoria: Filippo 3497773907 o agriturismo@lalenticchia.net.



Domenica 27 settembre, ore 16,30, al Parco di Sculture all’aperto in località Brusatopa a Santa Sofia, in occasione del 61° Premio Campigna, verrà presentata la scultura “Cono tronco” di Arnaldo Pomodoro. Partecipazione libera. Per informazioni 0543/974551.

Articolo di Staff 4live.



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giovedì 24 settembre 2020

Un'escursione in collina per ricordare l'eccidio delle Sodelle

Un'escursione in collina per ricordare l'eccidio delle Sodelle

Sabato 26 settembre il Comune di Santa Sofia, insieme al Comune di Galeata, ANPI di Santa Sofia e di Galeata, associazione Reduci e Combattenti e Alpini Alto Bidente organizza le celebrazioni per comemmorare l'Eccidio delle Sodelle, durante il...

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mercoledì 23 settembre 2020

Falancia: “Perchè al cimitero di Santa Sofia non ci sono neanche due panchine?”

La risposta del sindaco Daniele Valbonesi e della sua maggioranza è sempre la stessa: “… non ci risulta” o al massimo “vedremo”. Questo è il solco tracciato dalla maggioranza in Consiglio Comunale a Santa Sofia. Anche se si tratta di una richiesta piuttosto semplice da realizzare, come mettere due panchine nel cimitero comunale o sistemare una strada.
Che non sia mai che le opposizioni possano aver ragione, nemmeno se la richiesta è in realtà suggerita da virtuosi cittadini santasofiesi” attacca Franco Falancia capogruppo consiglieri comunali di Santa Sofia.

Quindi invece di perdere pochi minuti per confrontarsi e riflettere su quali punti potrebbero essere più strategici per la collocare le panchine (magari estendendo il discorso su una revisione generale degli arredi urbani), il sindaco Valbonesi si inventa una bizzarra motivazione per giustificare il no: «Non mi risulta che i cimiteri siano dotati di panchine»” continua Falancia.

A parte che se fosse vero si potrebbe essere i precursori di una iniziativa intelligente, ma non è affatto così. Nei cimiteri ci sono panchine, ci sono sedute, perché a visitare i cimiteri sono soprattutto persone anziane, addolorata e stanche. Sarebbe una decisione di buon senso, ma questo probabilmente al sindaco Valbonesi non interessa e dispiace visto che secondo il regolamento dei servizi cimiteriali “la manutenzione, l’ordine e la vigilanza dei cimiteri comunali spettano al Sindaco”. Installare due panchine per fermarsi e riposarsi anche solo un attimo, a noi sembrava potessero rientrare in queste prerogative” insiste l’esponente di Potere al Popolo.

Ma a Santa Sofia la maggioranza anche quando dice ‘Sì’ poi all’atto non porta a compimento la parola data. Come nominare una piazzetta a Berlinguer, modificare la viabilità o affiggere uno striscione con «Basta morti sul lavoro». Evidentemente a qualcuno dà fastidio… Noi continueremo a portate in Consiglio le nostre idee e le proposte dei cittadini (grandi o piccole che siano) perchè ascolto e partecipazione per noi sono il sale della politica. Ma il sindaco deve fare la sua parte” conclude Falancia.

Articolo di Staff 4live.



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sabato 19 settembre 2020

Santa Sofia, le scadenze di Imu e Tari: approvate le tariffe per il 2020

Santa Sofia, le scadenze di Imu e Tari: approvate le tariffe per il 2020

Il Consiglio Comunale di Santa Sofia ha approvato le tariffe Tari e le aliquote Imu relative all’anno 2020: adempimenti rinviati a seguito delle proroghe delle scadenze concesse dal governo centrale. "Per quanto riguarda le aliquote Imu -...

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giovedì 17 settembre 2020

Pannolini lavabili, a Santa Sofia un incontro per i neo genitori: "Maggior tutela per bimbi e ambiente"

Pannolini lavabili, a Santa Sofia un incontro per i neo genitori: "Maggior tutela per bimbi e ambiente"

Nell'ambito del protocollo d'intesa promosso dal Comune di Forlì e al quale aderisce anche il Comune di Santa Sofia, prosegue la campagna per la promozione e l'utilizzo dei pannolini lavabili e compostabili. A tale proposito, il...

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mercoledì 16 settembre 2020

L'opera di Arnaldo Pomodoro è protagonista del Premio Campigna 2020

L'opera di Arnaldo Pomodoro è protagonista del Premio Campigna 2020

Sarà lo scultore di fama internazionale Arnaldo Pomodoro l’artista al centro del Premio Campigna 2020. Il taglio del nastro della 61ª edizione del premio è fissato per il 27 settembre, ore 16.30, quando nel Parco di Sculture...

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Feste dell’Unità, cena con dibattito sul Referendum a Santa Sofia

Feste dell’Unità, cena con dibattito sul Referendum a Santa Sofia

Un nuovo appuntamento nell’ambito delle Feste dell’Unità del Pd forlivese. Il Circolo Pd di Santa Sofia organizza per venerdì una cena con dibattito, sul tema del Referendum costituzionale del 20 e 21 settembre...

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Aromi deliziosi alla Sagra del Tortello sulla lastra e dei Sapori d’Autunno

Aromi deliziosi alla Sagra del Tortello sulla lastra e dei Sapori d’Autunno

Torna uno dei consueti appuntamenti settembrini: la Sagra del Tortello sulla Lastra e dei Sapori d’Autunno che porta aria di festa in Piazza Matteotti a Santa Sofia.

L'evento si tiene domenica 27 settembre, dalle ore 10:00 alle...

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martedì 15 settembre 2020

Presentato il progetto europeo Inherit

Presentato ieri il Progetto Europeo Inherit a Castrocaro Terme nel prestigioso Padiglione delle Feste e del Divertimento con l’intento di informare tutti gli interessati presenti riguardo allo sviluppo e alle prospettive dell’itinerario multi-destinazione nell’area Vivi Romagna-Toscana. L’area facente parte di tale progetto europeo comprende otto Comuni romagnoli che fanno parte del territorio Romagna-Toscana e che sono qui elencati: Castrocaro Terme e Terra del Sole, Dovadola, Meldola, Predappio, Rocca San Casciano, Galeata, Santa Sofia e Bagno di Romagna.

Il territorio confinante coinvolge, attraverso un processo storico e culturale, estesosi nel tempo, due Regioni ricche di storia e di tradizioni dando così origine ad un progetto interregionale in crescita e che unisce in un unico sistema turistico dodici Comuni della Romagna e tre della Toscana. Il progetto europeo Inherit che è stato presentato a Castrocaro Terme, all’interno della splendida struttura in stile Decò, alla presenza delle autorità locali e regionali con un pubblico attento e partecipante che ha presenziato, dopo avere superato e rispettato tutte le norme anti Covid, ha come finalità quella di sostenere la conservazione e soprattutto la valorizzazione delle risorse naturali dell’Entroterra, mettendo in atto un procedimento di sviluppo sostenibile.

Le risorse naturali che rendono nobile il territorio della Romagna Toscana sono numerose e prestigiose e coprono diversi interessi e passioni che vanno dal percorso naturalistico e ciclistico, denominato “La Ciclovia della Romagna-Toscana, alla scoperta di antichi Castelli, rappresentanti le diverse epoche storiche che vanno dal tardo Medioevo al Rinascimento e si rivelano essere autentici archivi storici, ricchi di storie, leggende, avvenimenti, reperti ed altro ancora, incastonati dentro a splendide cornici paesaggistiche.

Alla scoperta della natura in bike e alla scoperta dei gloriosi secoli passati, nel ricco territorio della Romagna-Toscana, si possono trovare lunghi percorsi consistenti in vere e proprie full immersion in mezzo alle variazioni cromatiche del colore verde combinate e mixate con le varie tonalità dei beige e dei marroni che dipingono, sotto le diverse luci del giorno, i fianchi e le cime dei nostri caratteristici calanchi. Slow walking e cioè lunghe camminate in mezzo ad una avvolgente natura attraverso i percorsi del Parco Fluviale oppure attraverso i percorsi mistici del “Cammino di Sant’Antonio”.

A tutte queste variegate ed interessanti proposte si aggiunge quella dei Vini e dei Sapori, in quanto il territorio della Romagna Toscana è caratterizzato dalla presenza dello Spungone che è capace di dare a questa terra una qualità particolare che si traduce in bontà ed originalità dei prodotti enogastronomici e vinicoli della zona. Il vino per eccellenza qui è il Sangiovese insieme all’Albana, vino introdotto qui dagli antichi Romani. Le origini dei vini della Romagna-Toscana affondano le loro radici in tempi antichi e lontani che rimandano all’Antica Roma e ad antichi imperatori fra i quali Aelia Galla Placidia.

Di tutte queste ricchezze che vivono nel territorio interregionale si è parlato e discusso nell’infoday del 14 settembre all’interno di una tavola rotonda che ha coinvolto gli operatori del settore bike al fine di sottolineare la magia e le molteplici caratteristiche di un tour che parte dalla riviera romagnola fino a giungere al Parco delle Foreste Casentinesi. Partner del progetto europeo Inherit è la Regione Emilia Romagna che, insieme ad APT Servizi e ai Comuni di Castrocaro Terme e di Bagno di Romagna, ha scelto questo territorio per dare sviluppo alle sue attività, con il contributo della realizzazione della segnaletica della nuova Ciclovia della Romagna Toscana, all’interno di un progetto che rispetti i criteri di un turismo ecosostenibile.

Il programma Eductour comprende le giornate dal 14 al 16 settembre lungo il percorso della “Ciclovia Romagna Toscana” ed è stato presentato alla stampa nazionale ed internazionale. E’ partito da Castrocaro Terme e Terra del Sole per muoversi poi verso Dovadola, Santa Sofia, Diga di Ridracoli e Idro Ecomuseo delle Acque, per dirigersi poi verso il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, quest’ ultima consiste in un’area naturalistica di grande importanza in quanto Area Unesco quale è la Riserva Naturale integrata di Sasso Fratino (presentata tramite filmato 3D in lingua inglese). A seguire poi la seconda escursione e-bike nel Parco delle Foreste Casentinesi, poi Santa Sofia e successivamente spostamento verso Valbonella, Hotel Centro Turistico Bagno di Romagna. Infine di nuovo spostamento verso Fattoria Ca di Gianni di Bagno di Romagna e Associazione Bell’Appennino Savio Tevere.

Infine nella terza giornata del 16 settembre, dopo avere pernottato a Bagno di Romagna, spostamento verso il Passo del Carnaio, poi verso la Via Romea Germanica fino ad arrivare alla Fattoria dell’Autosufficienza San Piero in Bagno/ Bagno di Romagna. A seguire visita al Grand Hotel Terme Roseo, poi spostamento verso il Thermae Santa Agnese e spostamento verso il Roseo Euroterme Wellness Resort per la presentazione delle potenzialità turistiche e sportive del luogo. Un bagno refrigerante e rigenerante nella piscina termale di Bagno di Romagna costituirà la nota conclusiva di questo interessante Eductour lungo la “Ciclovia della Romagna Toscana” che il progetto europeo Inherit intende valorizzare e sostenere per fare conoscere le molte bellezze e le ricchezze di questa generosa Terra.

Rosetta Savelli

 

Articolo di Rosetta Savelli.



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domenica 13 settembre 2020

Aveva tentato di rapinare le poste a Santa Sofia: dopo nove anni finisce in carcere

Aveva tentato di rapinare le poste a Santa Sofia: dopo nove anni finisce in carcere

Un uomo di 45 anni, residente a Galeata, è stato preso sabato pomeriggio dai Carabinieri di Galeata e di Civitella in esecuzione ad un provvedimento di custodia cautelare emesso dalla Procura della Repubblica di Bologna. L'uomo, che da...

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Forlì, condannato per due rapine: arrestato 45enne

GALEATA. I carabinieri di Galeata e Civitella hanno arrestato un milanese 45enne, da anni residente proprio a Galeata, perchè deve scontare un residuo pena di un anno e 11 mesi per una rapina a una tabaccheria di Ravenna nel 2011 e un tentativo di rapina a un ufficio postale di Santa Sofia sempre nel 2011. L’uomo aveva già scontato sei mesi, ora è arrivata la condanna definitiva. Si trova in carcere per finire di scontare la pena.



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sabato 12 settembre 2020

Santa Sofia, lunedì il primo giorno di scuola

Santa Sofia, lunedì il primo giorno di scuola

“Ovviamente quest'anno non ci incontreremo in Teatro – sottolinea subito il Sindaco Daniele Valbonesi – ma saluteremo i bambini all'aperto, presso il campo da calcio Brusati. Ad ogni modo pensiamo che sia importante...

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mercoledì 9 settembre 2020

A Santa Sofia la presentazione del libro "Italia Nostra"

A Santa Sofia la presentazione del libro "Italia Nostra"

Giovedì 10 Settembre alle ore 20:30 presso il Parco della Resistenza (in caso di maltempo presso il Centro Culturale di Santa Sofia), l'associazione Sophia in Libris organizza la presentazione del libro "Romagna Nostra" di...

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lunedì 7 settembre 2020

Calcio C, Cesena e quella abitudine di ripartire da Acquapartita

CESENA – Il Comune di Bagno di Romagna si conferma la sede preferita per i ritiri precampionato del Cesena. In particolare è Acquapartita la località più gettonata: quest’anno i bianconeri si ritrovano a preparare il campionato per la 15ª volta a partire dal 2003. In passato la squadra si era allenata durante l’estate anche a San Piero in Bagno, a Bagno di Romagna (dove si svolse il primo ritiro nella storia del Cesena), e, nel 1967, persino al Passo del Carnaio.

In ritiro durante la guerra

Alla fine dell’estate 1941, con l’Italia in guerra da oltre un anno, il Cesena poté godersi la tranquillità del ritiro a Bagno di Romagna. Lo svolgimento della preparazione al fresco in montagna non era frequente all’epoca, tanto più per le piccole squadre. Ma il presidente Alberto Rognoni voleva ben figurare per il debutto in Serie C della sua creatura al suo secondo anno di vita. La comitiva bianconera raggiunse la località termale della Valle del Savio con la corriera di linea e si sistemò presso l’albergo Tosco Romagnolo della famiglia Casetti. In assenza di un vero campo da calcio ci si allenava con il pallone nel prato circostante. Per tenersi in forma gli atleti giocavano anche a pallavolo, facevano terapie con i bagni nelle acque calde delle terme e bevevano acqua sulfureo-bicarbonata alla vicina fonte del Chiardovo.

“Cesena Village”

Altri tempi, pensando soprattutto al “Cesena Village” che esattamente 70 anni più tardi (2011) fece da cornice al raduno del Cesena di Marco Giampaolo, sempre nel comune di Bagno di Romagna, ma presso il lago di Acquapartita. Per l’arrivo di Mutu, Eder, Candreva, Giaccherini e compagni, nella grande area attorno al lago, tra il campo da calcio e l’hotel Miramonti, dove alloggiava la squadra, fu allestito un vero e proprio “villaggio turistico” a misura di tifoso, con punti di ristoro, stand commerciali, zone relax e fitness. Alla sera l’intrattenimento era assicurato da proiezioni cinematografiche all’aperto, musica dal vivo e balli. Acquapartita fu presa d’assalto dai supporter cesenati. Il “Cesena Village”, però, non portò fortuna alla squadra bianconera (retrocessa in B senza appello) e quella restò un’esperienza senza futuro. Dal 2012 si tornerà così ai raduni solo fatica e sudore sotto il solleone e davanti al tanto pubblico, abituatoa salire in Alto Savio. Quest’anno, invece, solo fatica e pochissima gente. Gli unici tifosi si sono visti ieri, tra i 50 e i 60, che si sono anche esibiti in qualche coro da stadio.

Da Andalo a Zocca

Questo l’elenco delle località in cui il Cesena ha svolto la preparazione precampionato a partire dall’estate 1960, prima della quale i bianconeri, relegati nelle categorie minori, erano soliti rimanere ad allenarsi in città: Andalo (Trento), Calalzo di Cadore (Belluno), Carpegna (Pesaro Urbino), Castrocaro Terme, Cesenatico, Cingoli (Macerata), Folgaria (Trento), Forni di Sopra (Udine), Imola (Bologna), Leffe (Bergamo), Malles Venosta (Bolzano), Pinzolo (Trento), Ronzone (Trento), Sant’Agata Feltria (Rimini), Serramazzoni (Modena), Sportilia-Santa Sofia, Tredozio e Zocca (Modena). In realtà anche nel 1971 e 1972 i bianconeri si allenarono allo stadio della Fiorita per volere di Gigi Radice, in quanto le attrezzature visionate in altre località non l’avevano soddisfatto. I risultati furono eccellenti e il Cesena fu promosso in Serie A.

Giovedì primo test
In settimana attesi
tre rinforzi

Ultimi giorni di ritiro per i giocatori del Cesena, che giovedì lasceranno Acquapartita per tornare in città. Proprio giovedì ci sarà la prima uscita uscita dell’estate 2020, con il Cesena che affronterà l’Imolese: si giocherà alle ore 16.30 a Martorano in assenza di pubblico. Zebi conta di riuscire a dare al tecnico Viali entro la settimana tre nuovi giocatori. Come terzino destro si punta al classe 2000 Davide Grassini su cui è però tornata forte la Carrarese, per la difesa si cerca soprattutto un centrale esperto e strutturato, e una punta che possa giocare sia sull’esterno che al posto di Caturano. Oltre a questi tre giocatori, il Cesena è ancora a caccia di una mezzala e di un attaccante esterni, uno dei quali si spera essere Zerbin (ma il Napoli sta cercando di muoverlo in B). Quindi, entreranno altri 3 giocatori, uno per reparto, nel momento in cui saranno ceduti i tre esuberi: Matteo Cortesi, Roberto Sabato e Giacomo Zecca. Altre uscite non sono previste.



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domenica 6 settembre 2020

Gli eccidi e le rappresaglie tedesche del 1944 nel Forlivese

In questi ultimi tempi l’Aeroporto “Luigi Ridolfi” di Forlì è spesso al centro dell’attenzione locale e nazionale poiché una una società formata da imprenditori locali sta operando con coraggio con l’intento di riaprire lo scalo dopo sette anni di inattività. Da poco infatti sono state annunciate le prime rotte che gli arei in partenza da Forlì effettueranno.
Nei giorni scorsi poi l’aeroporto, utilizzandone l’ampio parcheggio esterno, è stato teatro di una manifestazione musicale che ha avuto grande risonanza da parte dei mezzi di comunicazione. In passato però lo stesso aeroporto fu testimone di drammatici eventi che segnarono profondamente la storia della nostra città.

Era il 1944. A partire dal mese di marzo si verificarono sulla zona ripetuti bombardamenti da parte degli aerei dell’aviazione inglese. Nel mese di settembre fu sede di efferati eccidi da parte dei nazifascisti e di barbare esecuzioni che portarono alla morte molte persone, tra cui anche di 17 persone di origine ebraica, in gran parte donne.
È su queste inqualificabili vicende che intendiamo richiamare l’attenzione, senza dimenticare fra l’altro che per tutta l’estate e una prima parte dell’autunno del 1944 il territorio del Comune di Forlì, così come gran parte della Romagna e del Centro Italia, vissero giornate segnate dalla distruzione e dalla morte. Tutto questo a causa di una guerra voluta dal regime fascista con l’illusoria prospettiva, fallita miseramente, di spartirsi territori di altre nazioni e che invece produsse solo milioni di vittime.
Marco Viroli e Gabriele Zelli nei quattro volumi “Fatti e Misfatti a Forlì e in Romagna” e ne “I giorni che sconvolsero Forlì. 8 settembre 1943-10 dicembre 1944”, tutti editi dal Ponte Vecchio di Cesena, hanno fornito un’ampia resocontazione di quel periodo che, a seguire, si riporta sinteticamente, a partire dal mese di maggio del 1944. I due autori hanno ricostruito anche gli eccidi di Tavolicci, del Carnaio e della Fornace Bisulli di Meldola che qui non vengono presi in considerazione.

5 maggio 1944. Dopo l’azione di rastrellamento in località Vecchiazzano avvenuta il 5 maggio 1944 ad opera di reparti della Guardia Nazionale Repubblicana (G.N.R.), che si concluse con l’uccisione del partigiano Sergio Fantini (1918-1944), l’opera di repressione nei confronti della Resistenza si acuì e vennero intensificati rastrellamenti ed eccidi. Si deve questo cambio di strategia, quella del terrore generalizzato soprattutto nei confronti dei civili, alle disposizioni impartite ai soldati tedeschi dal generale Albert Konrad Kesserling (1885-1960), comandante in capo dello scacchiere Sud e delle operazioni nel Mediterraneo. Nel nostro territorio per fare eseguire quanto disposto furono trasferiti da Roma, dopo il 4 giugno 1944, data in cui le truppe tedesche abbandonarono la capitale cacciate dai soldati alleati, ventitré dei sessanta poliziotti costituenti il Sicherheitsdienst (Servizio di Sicurezza – sigla SD) di quella città. Militari che insieme all’intero loro reparto si erano resi responsabili, fra l’altro, delle indicibili torture di via Tasso, delle persecuzioni ebraiche dell’ottobre 1943 e della pianificazione e della realizzazione dell’eccidio delle Fosse Ardeatine. Li comandava un criminale di guerra, Karl Theodor Schütz (1907-1985) che a Roma era stato il vice del tenente colonnello Herbert Kappler (1907-1978), quando quest’ultimo, altro criminale di guerra, era responsabile dell’SD, della SIPO (Sicherheitspolizei – Polizia di Sicurezza) e della Gestapo, e si insediarono nel palazzo dell’ex Brefotrofio in viale Salinatore.

I compiti assolti dall’Aussenkommando della Sicherheitsdienst (SD) di Forlì furono vari e complessi: dall’attività informativa all’infiltrazione, dai rastrellamenti antipartigiani alla rappresaglia, sino ad operare come plotone di eliminazione dando vita in loco ad una “piccola” soluzione finale. Per molti dei componenti il Sicherheitsdienst l’attività di repressione dei nemici del nazismo, aveva preso avvio sin dai primi anni di guerra nei paesi dell’Est europeo, nei battaglioni delle Einsatzgruppe, speciali reparti tedeschi, composti da uomini delle SS, della polizia e della Wehrmacht. Le Einsatzgruppen, sotto il controllo di Reinhard Heydrich, comandante dell’Reichssicherheitshauptamt o RSHA (Ufficio Centrale per la Sicurezza del Reich), furono impiegate prevalentemente in Unione Sovietica, Polonia e Ungheria, dove svolsero un ruolo fondamentale nel processo dell’Olocausto. Il loro compito principale, nella testimonianza resa nel corso del processo di Norimberga da Erich von dem Bach-Zelewski, era “l’annientamento di ebrei, zingari e avversari politici”, ottenuto mediante fucilazioni di massa e l’utilizzo di autocarri convertiti in camere a gas (i Gaswagen) e poi nei lager specializzati in sterminio.

Va sottolineato che a Forlì senza la collaborazione della Questura, della Guardia Nazionale Repubblicana, di gruppi e di singoli fascisti, i numerosi arresti di antifascisti e partigiani romagnoli eseguiti dall’Aussenkommando della SD non sarebbero stati possibili. I componenti erano poliziotti della polizia criminale o della polizia politica, la famigerata Gestapo. Tutti appartenevano alle SS. Lo storico tedesco Michael Wildt ha definito il Sicherheitsdienst: “Servizio di informazioni, elite politica e unità di assassini” che lasciò una scia infinita di terrore e di sangue anche in Romagna. Questa “unità di assassini” fu responsabile diretta o indiretta, in particolare, di numerosi eccidi e di rappresaglie. L’elenco dei peggiori atti compiuti va sempre tenuto presente come elemento della brutalità della Seconda guerra mondiale e dei regimi che l’hanno scatenata.

29 giugno. Dieci giovani di Piangipane, presi durante un rastrellamento che sconvolse un’ampia area della provincia ravennate da Massa Lombarda a Mezzano, vengono fucilati in via Seganti, nei pressi dell’aeroporto, per rappresaglia a un’azione di sabotaggio da parte dei partigiani sulla linea ferroviaria Forlì-Faenza.

26 luglio. Dieci antifascisti e partigiani furono fucilati a Pievequinta per rappresaglia contro l’uccisione di un militare tedesco avvenuta nei pressi della stessa località (la dinamica della morte del soldato non è mai stata chiarita). Gli ostaggi vennero prelevati dal carcere. Fra di loro il vice commissario di guerra della VIII Brigata Garibaldi Romagna, Antonio Zoli, detto “Fiscin” (1915-1944) poi decorato di Medaglia d’argento al valore militare; don Francesco Babini (1914-1944), parroco di Donicilio, frazione di Verghereto, arrestato assieme a un suo colono, Riziero Bartolini (1923-1944), perché aveva ospitato nella sua canonica un ragazzo del luogo renitente alla leva e un aviatore sudafricano. Nell’aprile 2006 alla memoria di don Francesco Babini e di Riziero Bartolini è stata conferita dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano la più alta onorificenza della Repubblica: la Medaglia d’oro al merito civile.

14 agosto. Ebbe un vasto eco la notizia che nei pressi del cimitero di Castrocaro, alle 9,00 del mattino, un plotone di esecuzione del 1° Battaglione “M 9 Settembre”, di stanza nella località termale, passò per le armi gli antifascisti Gian Raniero Paulucci de’ Calboli Ginnasi e Antonio Benzoni, entrambi di Forlì. Nei rapporti della Guardia Nazionale Repubblicana il primo venne definito “sovventore dei ribelli” e l’altro “detentore di armi ed esplosivo”. Insieme a loro furono fucilati l’allievo ufficiale GNR Fiorenzo Grassi della Compagnia ausiliaria del vice comando provinciale di Forlì (definito “cospiratore, sovvenzionatore comunista”), il milite scelto Antonio Buranti di Bertinoro ed il milite Livio Ceccarelli, ex piantone della Federazione fascista di Forlì; il primo fu accusato di aver venduto armi ai “ribelli”, il secondo di collaborazione con gli stessi, tutti per “tradimento della Patria”.

18 agosto. In piazza Saffi, vennero appesi ai lampioni i corpi senza vita di Silvio Corbari (1923-1944), Adriano Casadei (1922-1944), Arturo Spazzoli (1923-1944) e Iris Versari (1922-1944), catturati, anche in seguito all’opera di una spia, nella casa colonica di Cornio di S. Valentino, comune di Modigliana.

19 agosto. Dopo l’arresto avvenuto il 6 agosto e lunghe torture, il patriota Tonino Spazzoli (1899-1944), fu fucilato nei pressi di Coccolia (Ravenna) dopo essere stato portato in piazza Saffi a vedere il fratello minore impiccato al lampione.

28 agosto. Tra la fine d’agosto e la prima metà di settembre del ‘44, la via Minarda e le campagne di San Tomè furono teatro anche di efferati eccidi decisi dai nazisti e dai loro fiancheggiatori fascisti. Dell’eccidio di Branzolino del 28 agosto furono vittime Giovanni Golfarelli, Ivo Gamberini, Secondo Cervetti e Ferdinando Dell’Amore, tutti operai dell’Orsi Mangelli arrestati il 2 agosto 1944 dalla milizia fascista, torturati e in seguito condotti alla prigione, allestita nell’ex Brefotrofio dai tedeschi, a disposizione di questi ultimi. Proprio in quel luogo li vide il parroco di San Martino in Villafranca Gaetano Lugaresi, anch’esso detenuto, che udì quando i quattro furono chiamati per nome e portati via.

La notte tra il 27 ed il 28 agosto 1944 un soldato tedesco era rimasto ferito per lo scoppio di un ordigno esplosivo; un’azione apparentemente ascrivibile ad una delle formazioni partigiane in quel periodo operanti, diversamente organizzate. Il giorno dopo i quattro antifascisti furono portati sul luogo del fatto e lì impiccati ai bordi della strada, nello stesso luogo dove si era verificato lo scoppio. In occasione dell’esecuzione i militari tedeschi radunarono sul posto un gruppo di italiani abitanti nella zona e fu utilizzato un patibolo formato da una trave sormontante due fusti, legati a delle corde, sui quali poggiava una tavola, sulla quale le vittime furono fatte salire con le mani legate dietro la schiena. Prima di procedere un ufficiale tedesco parlò ai presenti avvertendo che quel giorno sarebbero stati impiccati dei prigionieri del carcere, ma che un’altra volta, le vittime sarebbero state scelte tra la popolazione.

5-6 settembre. Nel tardo pomeriggio del 5 settembre, SS della Sicherheitsdienst e militi della GNR italiana prelevarono dal carcere di via della Rocca ventuno persone.
L’Aussenkommando della Sicherheitsdienst (SD) di Forlì deteneva i prigionieri sia negli scantinati trasformati in prigione della propria sede in via Salinatore 24, capace di circa cinquanta posti (non esistono registri o documenti) sia nel carcere civile collocato di via della Rocca (esistono i registri d’ingresso e d’uscita) dove aveva un ufficio con due uomini addetti agli interrogatori dei politici. Nove dei ventuno prelevati erano parenti di Tonino Spazzoli. Furono tutti avviati ai campi di concentramento. Gli altri dodici erano dieci ebrei e due antifascisti. Tutti furono tradotti alla caserma Caterina Sforza in via Romanello luogo di concentramento e di visita medica di quanti dovevano essere deportati in Germania. Anche da via Salinatore otto prigionieri: quattro donne e quattro uomini, furono trasferiti nella vicina caserma di via Romanello. Queste traduzioni erano conseguenti alla decisione di Karl Schütz e di Hans Gassner, altro specialista delle persecuzioni antiebraiche, di mantenere segrete le eliminazioni e giustificare le sparizioni con la deportazione in Germania.

In tarda serata le venti persone furono caricate sui diversi automezzi che si diressero verso l’aeroporto. All’altezza delle “casermette” del Ronco, occupate dalle truppe tedesche che le avevano ribattezzate “Caserma Adolf Hitler”, alcuni degli automezzi svoltarono, gli altri proseguirono per l’aeroporto dove erano in attesa gli eliminatori. Le uccisioni non ebbero testimoni diretti. Alle cinque del mattino successivo, 6 settembre, dalle casermette furono prelevati gli altri prigionieri, condotti all’aeroporto ed eliminati. Le venti vittime furono uccise, suddivise in tre gruppi uno composto da dieci persone e due da cinque. Non sappiamo in quanti furono uccisi la sera e quanti il mattino. In questo modo trovarono la morte, fra gli altri, Edoardo Cecere, colonnello dell’XI Brigrata Casale fra i primi a salire in montagna per combattere i tedeschi, Pellegrina Rosselli del Turco, moglie del marchese Gian Raniero Paulucci De Calboli, Pietro Alfezzi, partigiano, appartenente ai GAP, Chino Bellaganba, dipendente del Comune di Cesena in qualità di dirigente dell’Ufficio Leva accusato di aver alterato documenti allo scopo di sottrarre giovani di leva alla deportazione in Germania e forse anche per favorire ebrei (i familiari hanno scoperto solo nel 2005 che era stato fucilato a Forlì analogamente a quanto avvenne per Lissi Lewin, la quale scoprì nel 2000 che il fratello Lewin fu eliminato nella stessa circostanza e luogo).

9 settembre 1944. Lungo via Minarda, vicino al centro abitato di San Tomè, come rappresaglia per l’uccisione di un sergente della Wehrmacht furono impiccati sei partigiani carcerati a Forlì: Celso Foietta, nato a Santa Sofia il 14 aprile 1907, arrestato una prima volta nell’aprile 1944 e poi rilasciato, era stato ancora arrestato dai fascisti il 26 agosto 1944; Antonio Gori, detto Natale, nato a Teodorano, ora Comune di Meldola, il 22 dicembre 1918, residente a Civitella di Romagna, primo di cinque figli, celibe, è stato riconosciuto partigiano dell’8ª Brigata Garibaldi «Romagna» con ciclo operativo dal 15 settembre 1943 al 2 settembre 1944. Arrestato nel luglio 1944 da alcuni fascisti comandati da un tenente; Michele Mosconi, nato a Civitella di Romagna l’11 settembre 1905, arrestato dai fascisti il 26 agosto 1944; Antonio Zaccarelli, nato a Teodorano, ora Meldola, il 2 ottobre 1924, riconosciuto partigiano (documento del 24.5.1945 dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia); Emilio Zamorani, nato a Ferrara il 20 settembre 1890, arrestato a Villa Vezzano il 28 agosto 1944; Massimo Zamorani, nato a Ferrara nel 1919, arrestato a Villa Mezzano il 28 agosto 1944.
Tedeschi e militi repubblichini attuarono prima un rastrellamento di circa duecento uomini, dai 15 anni in su, e li costrinsero ad assistere all’impiccagione di sei ostaggi partigiani. La maggior parte di questo involontario pubblico era composto da abitanti o sfollati, mentre le donne rimaste nelle case temevano per la loro sorte. Solo due giorni dopo fu concessa la sepoltura dei martiri, in fosse scavate dagli stessi abitanti di queste frazioni, obbligati alla triste incombenza.

17 settembre. Le SS prelevarono dal carcere di via della Rocca sette donne ebree. Furono portate in via Seganti, nei pressi del luogo dove erano stati consumati gli altri due eccidi, ed eliminate a loro volta. Esistono i referti medici e la causa del decesso stilati dal dottor Antonio Fusaroli (1918-2008), medico legale del Comune di Forlì, che eseguì l’esame necroscopico nel marzo 1945 quando i corpi furono esumati e riconosciuti da suor Pierina Silvietti, una suora che svolgeva la propria attività caritatevole all’interno del carcere. Ogni vittima ricevette la morte in modo diverso.
Ciascuna delle SS presenti uccise alla sua maniera una delle vittime a suggello di un qualche patto di solidarietà tra il gruppo di poliziotti. Un rito che non era inusuale nel contorto mondo psicologico degli specialisti della morte. Purtroppo una sorte uguale deve essere toccata a tutte le vittime dell’aeroporto. Si trattava di professionisti del crimine e dovevano andare orgogliosi della loro professionalità se sul finire della guerra la loro mano omicida poteva ormai essere riconosciuta dai giornalisti che si occupavano delle atrocità tedesche.

24 settembre. Secondo la deposizione resa da Pohl Herbert un disertore dell’Aussenkommando dela SD di Forlì al SIB (Special Investigation Branch, Sezione Investigazioni Speciali) il 24 settembre 1944, il giorno prima di lasciare Forlì, il comandante del’Aussenkommando delle SD, Schütz convocò i suoi sottoposti dicendo loro che “si dovevano liberare degli ostaggi italiani” presenti nelle celle della loro sede. La memoria di Herbert arrotonda a dieci una presenza che doveva essere di sette unità alle quali si aggiunsero proprio il 24 settembre otto rastrellati in Valcerra che portarono a quindici il numero complessivo dei prigionieri. Si trovavano nel carcere insieme ad altri sicuramente l’ebreo Gaddo Morpurgo e il partigiano forlivese Giunchi Sigfrido. Anche questi quindici prigionieri furono condotti in via Seganti e eliminati dagli stessi soldati tedeschi che avevano ucciso in precedenza.

7-8 novembre. La famiglia Verità in quegli anni abitava nell’ultima casa di Vecchiazzano, lungo la via Veclezio al n°68. Quando fu imposto l’ordine di sfollare, Giulio Verità, sua moglie e le figlie si trasferirono in casa dei Benedetti, detta casa Mônt o Canèra, in via Tomba al 69, a poca distanza dalla loro. Il 7 novembre 1944, due giorni prima della liberazione di Forlì, uno dei componenti della famiglia Verità cercò in tutti i modi di difendere il bestiame presente nella propria stalla dalla razzia che intendeva compiere un soldato tedesco. Nell’alterco che ne seguì il milite venne ucciso probabilmente da un colpo di forcale. Sta di fatto che altri soldati tedeschi in ritirata trovarono il loro commilitone morto in casa Verità. Nel tentativo di cercare il responsabile si presentarono dai Benedetti, dove trovarono sfollate ben tre famiglie, quelle dei Verità e dei Fregnani e la famiglia di Alfredo Lodolini di Bologna. Tutti gli uomini furono radunati e rinchiusi in una stanza, compreso un bambino di 11 anni, mentre un tedesco piantonava le donne. I prigionieri trascorsero, così, un’intera giornata poi, nel pomeriggio, il bambino venne liberato potendosi ricongiungere alle donne. Queste ultime e l’adolescente, verso le 19,00 dell’8 novembre, furono condotti lungo un sentiero con l’ordine di raggiungere una casa colonica, come di fatto avvenne solo nelle prime ore del giorno seguente. Alle tre del mattino, dello stesso giorno, nella casa arrivarono anche gli inglesi. Le donne, temendo per la vita dei loro uomini, fecero pressione perché i soldati le aiutassero a rintracciare i loro mariti e i loro figli. Così, verso l’alba, gli alleati, il gruppo delle donne e il bambino, accompagnati da alcune persone del luogo, si avviarono verso la casa Benedetti.

Quando entrarono in casa videro un gran disordine, poi passarono vicino al pozzo e notarono alcune scarpe per terra e delle tracce di sangue sulla vera del manufatto. Subito pensarono al peggio e, guardandovi dentro, costatarono che i nove uomini erano stati uccisi e gettati dentro lo scavo ricoperti maldestramente da assi perché non affiorassero.
Sebbene la guerra stesse per finire e la sconfitta nazifascista fosse ormai certa, anche in questa circostanza estrema i tedeschi applicarono, rigidamente, le disposizioni del comando delle forze armate germaniche che prevedeva l’uccisione di dieci civili al posto di un tedesco morto per atti di guerriglia partigiana. Così, mentre gli inglesi liberavano Vecchiazzano, agli uomini “dell’eccidio Benedetti” furono legate le mani dietro la schiena, con del filo di ferro, e poi furono eliminati con un colpo di rivoltella alla tempia.
Questi i loro nomi: Giuseppe Benedetti (73 anni), Antonio Benedetti (45), Pasquale Benedetti (43), Leopoldo Benedetti (37), Francesco Benedetti (21), Romano Benedetti (17), Giulio Verità (44), Angelo Fregnani (76) e Alfredo Lodolini (31).

Sin dal novembre 1944 le stragi dell’aeroporto furono oggetto di indagine della 77^ Sezione del SIB inglese (Special Investigation Branch, Sezione Investigazioni Speciali) che operò in Italia dall’estate del 1944 per raccogliere le prove dei crimini commessi dalle SS tedesche contro i partigiani e la popolazione civile. Il SIB grazie alla collaborazione di un disertore, Pohl Herbert, identificò i componenti il distaccamento della SD di Forlì responsabile delle uccisioni e formò un fascicolo per la loro messa in stato d’accusa. Il fascicolo, come tanti altri, in conseguenza di decisioni di convenienza politica interna e internazionale, non ebbe il suo corso, fu insabbiato e nel 1960 provvisoriamente archiviato e collocato in un armadio del Tribunale militare di Palazzo Cesi a Roma (il cosiddetto “armadio della vergogna”).

Non si possono ripercorrere in questa sede i diversi motivi di “opportunità politica” interna e di schieramento internazionale che indussero i governi italiani, che dopo la Liberazione si sono succeduti negli anni, a non utilizzare le possibilità di procedere contro ufficiali e militari tedeschi macchiati di crimini di guerra. Nell’estate del 1994 il magistrato Antonio Intelisano (1943) incaricato di un’indagine per l’estradizione del capitano Erich Priebke (1913-2013), un altro degli ufficiali responsabili dell’eccidio delle Fosse Ardeatine e per questo in Italia condannato all’ergastolo, rintracciò i fascicoli, compresi quelli degli eccidi forlivesi di S. Tomè e dell’aeroporto. Tra il 1994 e il 1996 furono trasmessi alle procure militari di competenza che hanno aperto indagini sui reati iscritti nei fascicoli. Per l’Emilia Romagna la competenza è della Procura di La Spezia che, una volta ricevuti i fascicoli e dopo alcuni anni di indagini, accertò che nessuno degli imputati per le stragi all’aeroporto era più in vita archiviando il fascicolo “per estinzione del reato per morte del reo”, mentre per San Tomè e Branzolino si giunse a sentenza (www.difesa.it).

Infatti la documentazione britannica ritrovata è stata oggetto di un primo processo nel 2006 da parte del Tribunale Militare di La Spezia perché l’ufficiale responsabile delle stragi, Heinrich Nordhorn, era ancora vivo. Il processo venne celebrato e vide la puntuale ricostruzione delle vicende, oltre alla partecipazione di testimoni forlivesi ancora in vita.
Una prima sentenza, del novembre 2006, condannò Nordhorn alla pena dell’ergastolo, sentenza che fu confermata dalla Corte Militare d’Appello e nel 2008 dalla Corte di Cassazione, dopo 64 anni da quel terribile 1944. Nonostante la condanna, Nordhorn è rimasto a vivere in Germania fino alla sua morte avvenuta nel 2015.

Articolo di Staff 4live.



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sabato 5 settembre 2020

Due ragazze di 21 anni di Rimini in difficoltà durante un’escursione in Campigna

Due ragazze di 21 anni residenti entrambe a Rimini, sono partite nella tarda mattinata di ieri venerdì 4 settembre per fare un tour dei rifugi nella zona di Campigna nel comune di Santa Sofia della durata di tre giorni.

Arrivate col pullman si sono fermate in località Lago. Dopo essere scese dal mezzo pubblico hanno preso gli zaini e sono partite imboccando il sentiero Cai 261 conosciuto anche come sentiero delle Ripe Toscane con destinazione Rifugio Fontanelle.
Arrivate in un punto, dopo aver percorso già un bel tratto di cammino si accorgono che il sentiero era franato a causa degli ultimi fenomeni temporaleschi e per loro non vi era più la possibilità di proseguire. Molto preoccupate e impaurite, cercano di trovare una soluzione ma non riescono ad aggirare la frana. Le due ragazze erano senza cartina e avanzavano nel cammino utilizzando un App scaricata nel telefonino. In zona la linea dati è molto scadente e purtroppo l’applicazione non riusciva più a dare le informazioni necessarie.

Le due escursioniste si accorgono che attaccato ad un albero c’è un cartello che indica chi chiamare in caso di bisogno. Questi cartelli, che sono stati finanziati dell’Ente Parco su un preciso progetto del Soccorso Alpino e Speleologico, stazione Monte Falco riportano un numero, già geo referenziato, che permette alla Centrale Operativa del CNSAS di individuare subito il punto. I cartelli si sono già dimostrati risolutivi anche in altre occasioni.
Sono circa le 15,40 quando una delle due escursioniste chiamano il 118 per chiedere aiuto, specificando il numero progressivo che leggevano sul cartello ed inoltre che non avevano problemi di tipo sanitario ma che si erano solo perse. La Centrale del 118 invia sul posto il Soccorso Alpino e Speleologico, stazione Monte Falco che attiva la squadra del Bidente. In poco meno di 40 minuti le due riminesi vengono raggiunte dai tecnici del CNSAS che le accompagnano a piedi fino alla località Celle poi con il mezzo fuori strada fino al rifugio Le Fontanelle. Alle ragazze la squadra intervenuta ha poi donato una cartina del parco con la raccomandazione di impararla ad usare.

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mercoledì 2 settembre 2020

È morto Philippe Daverio, storico e critico dell’arte

E’ morto lo storico e critico dell’arte Philippe Daverio. A dare la notizia la regista Andrée Ruth Shammah, direttrice del Teatro Parenti di Milano. Philippe Daverio, nato il 17 ottobre 1949 a Mulhouse, in Alsazia, è stato anche assessore del Comune di Milano dal 1993 al 1997 nella giunta Formentini, con le deleghe alla Cultura, al Tempo Libero, all’Educazione e Relazioni Internazionali, e si è occupato della ricostruzione del Padiglione d’Arte Contemporanea distrutto a seguito dell’esplosione della bomba avvenuta il 27 luglio 1993 partendo dalla ricerca degli sponsor al coordinamento degli interventi sia tecnici sia amministrativi.

Nato il 17 ottobre 1949 a Mulhouse, in Alsazia, Philippe Daverio iniziò la carriera come mercante d’arte: quattro le gallerie d’arte moderna da lui inaugurate, di cui due a New York. Dal 1993 al 1997 è stato assessore alla Cultura del Comune di Milano, dove si è occupato soprattutto del restauro e del rilancio del Palazzo Reale e della ricostruzione del Padiglione d’Arte Contemporanea distrutto a seguito dell’esplosione della bomba mafiosa del 27 luglio 1993.
Il 28 Ottobre 2013 Daverio, a Santa Sofia provincia di Forlì disse: “Posti come questo – dice Daverio – alleviano il mio stato depressivo. In tanti, fidatevi, propongono premi d’arte ma pochissimi riescono a mantenerli a questi livelli. Siete meglio della Biennale di Venezia”.

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Santa Sofia piange Philippe Daverio: "Ci definì un esempio da esportare"

Santa Sofia piange Philippe Daverio: "Ci definì un esempio da esportare"

Nel 2013, in occasione del Premio Campigna, fece visita a Santa Sofia. Il comune della vallata del Bidente piange la scomparsa del celebre storico d'arte Philippe Daverio. "Fu un'edizione particolarmente felice", viene ricordato...

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martedì 1 settembre 2020

Intervento da 100 mila euro a Corniolo

A seguito delle particolari criticità meteorologiche e delle conseguenti piene che si sono verificate nel corso dell’ultimo inverno, sono state accertate erosioni alle opere di contenimento (briglie e difese spondali) realizzate nell’alveo del fiume Bidente dopo che la notte fra il 18 e il 19 marzo 2010 un’enorme frana investì la località Poggio Baldi, nella frazione di Corniolo in comune di Santa Sofia. Il materiale movimentato fu stimato in oltre 4 milioni di metri cubi e il piede della frana interessò pesantemente l’alveo del Bidente, ostruendolo e innalzandolo di oltre 20 metri.

I lavori di somma urgenza, attualmente in corso, finanziati per 100 mila euro ed eseguiti dall’impresa Ti Esse s.r.l. di Forlimpopoli su progetto dei tecnici del Servizio Area Romagna dell’Agenzia regionale per la sicurezza territoriale e la protezione civile, sono necessari per ripristinare le opere idrauliche e di consolidamento realizzate dal 2010 e ora danneggiate, scongiurando la riattivazione del dissesto.

Riguardano: il consolidamento delle briglie ai piedi della scarpata; il consolidamento del piede della frana; la manutenzione delle scoline e delle canalette di scolo lungo il versante di frana rimodellato; la manutenzione delle opere di drenaggio e scolo.

Articolo di Staff 4live.



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